Nacque a Marcianise, il 23 gennaio 1787 da Tommaso e Paolella Rosa.
Compì i primi studi nel Seminario di Capua, ritenuto allora l’agone e la fucina di dotti e letterati.
A 16 anni terminò i corsi di lettere e filosofia, e fin dalle prime battute di quel preludio armonioso, dette saggio tangibile del suo fervido ingegno, della sua anima squisitamente gentile, e della consapevolezza austera del suo divenire.
Nel 1805, a 18 anni si trasferì a Napoli, per frequentare i corsi di scienze mediche in quell’Università.
Tutti i sogni dorati, le lusinghe e le seducenti malie, che suscita nell’anima inconscia e baldanzosa, dei giovani che lasciano i pesanti ed angusti antri delle scuole medie, la suggestiva visione della sirena partenopea, lo lasciarono impassibile.
Egli allontanò da sè le seduzioni degli uomini e delle cose, e con tenace e virile proposito, visse nella rassegnata saggezza, che è cosa mirabile vedere al posto della naturale vivacità giovanile.
Ebbe come Maestri venerate celebrità, quali: il Cotugno, il Boccanera, l’Amantea, l’Antonucci ed il Sementini, e nel 1809 conseguì il titolo accademico.
Nell’anno successivo, a soli 23 anni, lanciato nella vita, concorse per la Cattedra nella stessa Università; l’avrebbe certamente ottenuta, se una riprovevole superstizione non si fosse iniquamente risoluta a perdere piuttosto un giovane valoroso, anzichè vederselo alleato col titolo di degno e stimato collega. Se ne rattristò il Lucarelli, se ne indignò profondamente, ma non si sgomentò per siffatta ingiustizia, anzi con animo maggiormente fiero e risoluto, si preparò a più ardui cimenti.
Nel 1815 concorse ed ottenne l’incarico di Medico Ordinario nell’Ospedale degli Incurabili; nel contempo aprì in Napoli un corso privato di fisiologia e medicina pratica, che ben presto ebbe superba affermazione, perchè, moltissimi giovani si affollarono, ansiosi di apprendere i suoi insegnamenti, riponendo nel suo indiscusso valore, piena ed incondizionata fiducia.
Nel 1831, senza concorso, per le sole virtù conclamate e riconosciute, quattro celebrità napoletane ebbero la cattedra in quell’Università: il Galluppi, il Niccolini, il Lanza ed il Lucarelli; a quest’ultimo fu affidata quella di Fisiologia, superiore ormai ad ogni intrigo.
Questa cattedra egli rese ben presto una delle più illustri d’Italia, e le sue lezioni furono sempre affollate da studenti, e talvolta anche da dotti e scienziati, che sentirono per lui una speciale venerazione, perchè egli rendeva i concetti più complicati, con parola elegante, incisiva e scultoria, e con l’acume del suo intelletto, la materia arida appariva facile, gradita e dilettevole.
Quasi sempre le sue lezioni erano coronate da spontanei applausi. In una visita che l’Arciduca Carlo d’Austria fece all’Università di Napoli, il Prof. Lucarelli veniva invitato ad improvvisare un discorso in argomento fisiologico; questo riusciva tanto gradito a quel Principe che, encomiando l’alto merito scientifico del Professore, nei modi più lusinghieri, in attestato di stima, gli donò un prezioso anello ingemmato. Nel 1836 il Prof. Lucarelli fu chiamato al capezzale della Regina Maria Cristina di Savoia, che lo prescelse suo medico di fiducia, e nel 1838 la Regina Maria Isabella lo nominò suo Medico di Camera. Dal 1840 in poi, gli furono conferite molte onorifiche cariche; fu Rettore dell’Università di Napoli, Consigliere di pubblica amministrazione, Assessore al Protomedicato, Socio Onorario del Reale Istituto Vaccinio, Prefetto della scuola Ippocratica di Pisa, Socio Onorario della Reale Accademia delle Scienze, Ispettore dello scibile nel Real Collegio Medico di Napoli.
Le tante onorificenze però non lo inorgoglirono; apostolo della scienza, non chiese altra mercede che di godere dell’altrui bene e della costante, migliore affermazione di essa. Tutta la sua vita fu illuminata dall’amore e da quell’alito d’arte, che trae dalla materia l’intimo compiacimento di sollevare l’umanità, dai suoi palpiti e dalle sue trepidanze.
Dolorosamente di lui non ci restano che pochi frammenti, prezioso retaggio della sua profonda cultura, delle sue grandi fatiche e della meravigliosa attività del suo ingegno, perchè molto operò, ma scrisse pochissimo. Abbiamo di lui una versione italiana della Notomia del Gallerani, con pregevolissime annotazioni filologiche, e varie orazioni inaugurali, per la R. Università di Napoli, scritte in aureo latino. Onusto ormai di onori e di venerazione, nel 1864 si concesse il meritato riposo, ed il 13 Dicembre 1872, all’età di 86 anni, chiudeva la sua laboriosa esistenza.
A ben ragione fu chiamato da tutti il Nestore della medicina napoletana, perchè fu gloria autentica, a cui va tributata, non pure l’ammirazione della sua Città natale, ma la riconoscenza della scienza e della Nazione.